IL PROGETTO DI VITA
Spesso quando si sente parlare di progetto di vita per persone con disabilità viene spontanea una domanda: “di cosa si tratta?”.
A questo quesito certamente risponderanno i relatori che si alterneranno nel corso di questa giornata.
Io tento di motivare le ragioni per le quali un’associazione come Anffas Bergamo ha sentito il bisogno di parlare di questo tema. Vorrei quindi partire dalla considerazione di cosa sia un progetto.
Un progetto consiste, in senso generale, nell’organizzazione di azioni nel tempo per il perseguimento di uno scopo predefinito, attraverso le varie fasi di progettazione da parte di uno o più progettisti. Scopo finale è la realizzazione di un bene o servizio, il cui ciclo di sviluppo è gestito tipicamente attraverso tecniche di project management.
Il progetto si caratterizza per la preventiva individuazione di azioni, tempi, risorse, ruoli e aspettative di risultato, che vengono definite a seguito di un’analisi preliminare in ordine a:
- risultati attesi (aspettative di risultato/obiettivo da conseguire);
- caratteristiche del contesto (opportunità e limiti);
- ruoli e risorse disponibili (professionalità, disponibilità, risorse finanziarie, tempo, ecc…).
Il termine deriva dal latino proiectum, participio passato del verbo proicere, letteralmente traducibile con gettare avanti; il che spiega anche l’assonanza etimologica dei verbi italiani proiettare e progettare.
Il termine progetto è strettamente associato a quello di gestione del progetto che deriva dal termine inglese project management.
Come potete immaginare predisporre un progetto è un’azione veramente impegnativa, tanto più se si stratta di un progetto di vita.
Non parliamo di costruire una casa, un ponte, un grattacielo, una navicella spaziale ecc., ma dobbiamo ipotizzare come costruire un percorso che sia di sostegno alle persone con disabilità più o meno grave e della loro famiglia.
Ogni genitore generalmente si fa delle fantasie su come sarà la vita dei propri figli, a volte anche esagerando e proiettando le proprie aspettative e/o frustrazioni sui figli stessi. Nella maggior parte dei casi i genitori di persone con disabilità, in particolare disabilità medio-gravi, hanno difficoltà anche solo ad immaginare un futuro per i propri figli. A volte l’unico desiderio è che il figlio possa vivere il più a lungo possibile.
Il legislatore, con l’art. 14 della legge 328/2000, è stato lungimirante, inserendo all’interno di una legge quadro che riguarda la disabilità, un articolo che prevede espressamente la necessità di predisporre un progetto di vita per la persona con disabilità. Questo deve essere articolato da più soggetti professionalmente idonei con l’amministrazione comunale, che deve sovraintendere allo progetto stesso, con il coinvolgimento della persona in questione e della sua famiglia.
In questi anni, nel mio peregrinare per la provincia di Bergamo, incontrando i genitori e i loro figli presso i vari servizi, tutte le volte che ho parlato di qualità di vita delle persone con disabilità, che doveva essere articolata all’interno del progetto di vita, mi veniva risposto che non sapevano di cosa si trattasse e che nessuno gliene aveva mai parlato.
Tralasciando le considerazioni riguardanti a chi spetta informare e se è giusto che una famiglia non sia a conoscenza delle normative che porterebbero loro benefici e senza entrare nel merito del ruolo delle associazioni, diciamo che è necessario che i vari soggetti coinvolti nelle problematiche riguardanti la disabilità hanno l’obbligo di farsi parte attiva, affinché le norme vengano applicate.
In particolare mi riferisco a quelle norme che migliorerebbero di gran lunga la qualità di vita delle persone che, non per loro scelta, hanno delle fragilità e che porterebbero benefici alla comunità, anche da un punto di vista economico. Tutto quello che è pianificato correttamente porta infatti vantaggi diffusi.
Ognuno di noi ha la necessità di crearsi un progetto di vita, di immaginarsi delle prospettive, si inizia da piccolissimi ad immaginarsi un futuro.
Spesso dimentichiamo che anche le persone con disabilità si pongono nella prospettiva di avere un futuro, anche se spesso si tende solo a pensare: “ è già bello che sopravviva”.
In questi mesi di post-approvazione della legge 112 sulla vita indipendente si è aperto un grande dibattito che coinvolge i soggetti istituzionali, il terzo settore, le associazioni, la cooperazione sociale, le famiglie e le persone con disabilità.
Un’espressione che è stata ricorrente è “il dopo di noi, durante noi”, ciò significa che dobbiamo progettare la vita delle persone con disabilità insieme a loro ed alle loro famiglie sin dalla loro nascita.
Per organizzare questo convegno abbiamo dovuto predisporre un progetto. Per prima cosa ci siamo chiesti quale obiettivo volevamo raggiungere. La risposta è stata semplice: far conoscere una normativa a favore di persone con disabilità largamente disattesa.
Successivamente abbiamo valutato la contestualizzazione e verificato l’opportunità di effettuare nella provincia di Bergamo un convegno che avesse come tema “il progetto di vita” ed abbiamo concluso che era necessario proporlo. Quanto meno avremmo stimolato i vari soggetti a fare una riflessione sul tema.
A quali soggetti proporre quindi la riflessione? Da qui siamo andati alla ricerca delle professionalità in grado di darci un supporto qualificato e un contributo di alto valore scientifico ed operativo.
Di conseguenza abbiamo strutturato la giornata, come vedete dalla scaletta, iniziando con la relazione dell‘ avv. Nabila Grisa, che ci darà una cornice giuridica: da quale normativa discende la necessità di predisporre un progetto di vita?
Il prof. Luigi Croce ci inquadrerà il tema da un punto di vista teorico, fornendoci tutti gli elementi pedagogici a sostegno della necessità della predisposizione del progetto di vita.
La dott.ssa Teresa Salvetti, che approfitto per ringraziare per il sostegno organizzativo che mi ha dato in tutta la fase preparatoria, senza il suo contributo non sarei infatti riuscito a preparare il convegno, cercherà di farci immaginare come si costruisce il progetto di vita, con quali presupposti e con quali criteri.
A seguire la dott.ssa Maria Carolina Marchesi, che ci illustrerà il punto di vista dei comuni e le considerazioni degli enti, ai quali deve far capo il progetto di vita.
Il dott. Giuseppe Calicchio ci illustrerà la posizione dell’ATS.
Dopo la pausa avremo un breve filmato, che sarà una metafora di come si costruisce un progetto di vita.
Concluderemo, prima di un dibattito aperto, con una tavola rotonda coordinata dalla dott.ssa Cristina Borlotti, che avrà come protagonisti: due genitori, due operatori sociali, un’assistente sociale, una piscologa e un dirigente scolastico.
Per concludere, quali obiettivi perseguire attraverso questo convegno?
Gli obiettivi sono creare sensibilizzazione sul tema e fare in modo che il maggior numero di famiglie e di operatori sociali sappiamo che esiste una legge che, se applicata, porterà dei benefici sia alle persone con disabilità sia agli operatori, perché vedranno fiorire le persone che si sono rivolte a loro per avere un sostegno e un supporto concreto alle loro fragilità.